domenica 20 gennaio 2008

CLANDESTINI GAY: ESPULSI A MENO DI PERSECUZIONE

CLANDESTINI GAY: ESPULSI A MENO DI PERSECUZIONE

Roma – I clandestini gay non vanno espulsi dal nostro Paese alla sola condizione che nella loro terra vi sia “il rischio grave e inaccettabile di persecuzione”. Lo sottolinea la Cassazione, osservando che la semplice “manifestazione esteriore di impudicizia sessuale” non rappresenta “giustificato motivo” per gli immigrati a non ottemperare all’ordine di allontanamento del questore.

In questo modo la Prima sezione penale (sentenza 2907) ha accolto il ricorso della Procura presso la Corte d’Appello di Bologna che si era opposta alla decisione del Tribunale di Modena, giugno 2006, di assolvere un marocchino gay che si era rifiutato di lasciare il nostro Paese sulla base del fatto che in Marocco sarebbe stato perseguitato per le sue tendenze omosessuali.

Per il Tribunale si trattava di “giustificato motivo” per il non avere ottemperato all’ordine di allontanamento. Per la Cassazione, invece, che ha disposto un nuovo processo, il giudice per stabilire se il clandestino omosessuale commetta o meno reato nel non obbedire all’allontanamento imposto dal questore deve valutare “l’esistenza del rischio per grave persecuzione”. Nel nuovo giudizio, dunque, sottolinea ancora la Suprema Corte nella sentenza 2907, il giudice dovrà verificare se “alla stregua della previsione del codice penale” del Marocco “sia penalmente sanzionata proprio l’omosessualità come pratica personale e non soltanto la manifestazione esteriore di impudicizia sessuale”. Nel qual caso, insiste la Cassazione, “non sussisterebbe il rischio grave e inaccettabile di persecuzione” tale da giustificare l’avere disobbedito all’allontanamento imposto dalla Questura.

da La Padania del 19/01/08

STORIA TRISTE D’UN PADANO POVERO, MA NON ABBASTANZA

STORIA TRISTE D’UN PADANO POVERO, MA NON ABBASTANZA

Di Matteo Salvini

Si chiama Stanislao, ha 62 anni, è invalido al 70%, soffre di diabete, ha tanta voglia di lavorare, di fare qualsiasi lavoro e di vivere una vita normale.

Si è separato, è venuto nella grande Milano ma ha diversi difetti: non si droga, non beve, non è mai stato in galera e non è un clandestino. Anzi, ha l’aggravante di essere padano, veneto per l’esattezza, e di aver lavorato per trent’anni fino a quando la sfortuna e le vicende familiari non lo hanno messo in strada. Milano gli ha offerto un letto nel dormitorio di viale Ortles ed in quello di via Saponaro, tra immigrati ubriachi, risse e preservativi. Ma poi l’hanno sbattuto fuori anche da qua, perché non era abbastanza povero e doveva lasciare spazio a qualche clandestino.

L’ho incontrato questo pomeriggio, venerdì 18 gennaio anno del Signore 2008, e ho parlato con una persona ricca di dignità e di voglia di lavorare. Vedremo cosa riusciremo a fare, magari parlando tramite radio e televisione a quei tanti padani che prima di aiutare gente che arriva da lontano vorrebbero magari aiutare chi è nato in casa nostra. Il veneto Stanislao si prepara a rientrare nel dormitorio di via Barzaghi, fra rumeni ubriachi e gente che di lavorare e di tornare a vivere una vita normale proprio non ne ha voglia. Bisogna entrare tutte le sere entro le 21 e sloggiare tutte le mattine entro le 7,30 e durante il giorno passare delle ore a bere, a rubare o, pochini in verità, a cercare un lavoro. “Adesso vado e cercherò di trovare i soldi per il biglietto del tram”, mi ha detto. “Ma cosa te ne frega, viste le tue condizioni e come ti trattano penserai mica di pagare il biglietto del tram”, gli ho risposto. “Ma è un servizio pubblico, è giusto che io lo paghi”, risponde secco. Stanislao esce dal portone del Comune e io mi incazzo come una bestia se penso a tutte le volte che mi sento dire che bisogna aiutare, ospitare, dialogare, integrare… gli altri!

da La Padania del 19/01/08