martedì 17 giugno 2008

DONNA INGLESE NAZIONALSOCIALISTA CONVERTITA ALL'ISLAM

Jane H.(vuole restare anonima) è una donna inglese di 30 anni, da 3 sposata con Mohamed Bin Asish, cittadino britannico di origine pakistana(immigrato di seconda generazione), musulmano osservante. La donna in questione in gioventù è stata un’attivista nazionalsocialista, fino al 2004 era iscritta al british national party perché credeva che nazionalsocialismo, orgoglio razziale e difesa della sua patria andassero di pari passo, ma poi conobbe Mohamed, pachistano nazionalsocialista, che le spiegò tante cose cosicchè lei cambiò le sue idee. Via quindi gli anfibi e i vestiti da “guerriera di strada” per lasciar spazio al più tradizionale chador, in ossequio alla sua nuova religione, via i discorsi sull’orgoglio razziale, ritenuti, a suo stesso dire “feccia da beceroni da ku klux klan e modo in cui gli ebrei cercano di sviare il problema, cercando di mettere contro popoli europei e popoli islamici”, per lasciare spazio ad una lotta a senso unico contro il vero nemico. Ai suoi ex compagni di avventure nazionalsocialisti scrive “ragazzi, stavamo sbagliando tutto, convertitevi e lottiamo contro il vero nemico”, e ancora “l’uomo bianco ha fatto il suo tempo, anche Hitler l’aveva capito e ha cercato di farlo capire ai posteri alleandosi, a guerra persa, coi popoli islamici di certo non bianchi; questa alleanza è un messaggio che troppe persone hanno capito, ripeto, convertitevi e lotiamo contro il vero nemico”. Il vero nemico è il sionismo ed il mondialismo, che a suo dire può essere sconfitto solo da una cultura forte e identitaria, cultura che gli europei non hanno più e non riavranno mai, cultura forte invece rappresentata dall’islam, religione che si sta diffondendo in europa e a suo dire rappresenta la vera reazione al tentativo di integrazione che i sionisti vogliono. Dice “I sionisti volevano far integrare tutti gli immigrati per una ben funzionante società multirazziale, ma non hanno fatto i conti con l’islam. L’europa fra 40 anni diventerà islamica e per i sionisti sarà la fine, verranno tutti scacciati dall’inghilterra e dall’intero globo, l’europa avrà una nuova identità, una cultura tradizionale e solidamente patriarcale, lontana dalle degenerazioni femministe moderne” e ancora “è un peccato come molti antisionisti siano accecati dall’orgoglio razziale e rifiutino di vedere che l’unica via per continuare la strada del nostro maestro Adolf Hitler è abbracciare la religione maomettana, che è la religione che più si avvicina all’ideale nazionalsocialista e per questo ha suscitato l’interesse del fuhrer in persona e anche di Himmler, senza contare tutti i gerarchi nazionalsocialisti convertiti”. E conclude la sua breve chiacchierata ridendo in modo sprezzante dei suoi trascorsi giovanili(dice “ero una femminista degenerata, mi vestivo da sgualdrina, anfibi, minigonna, e credevo di combattere il sistema del quale per il mio modo di pormi e vestirmi facevo parte”) e affermando che “solo ora ha trovato la sua strada verso il vero obiettivo”.

martedì 6 maggio 2008

L'EUROPA IDEALE

La domanda che ci dobbiamo fare è “qual è la strada giusta per arrivare ad un Europa consapevole e veramente in concordia”? Qual è la strada giusta per il bene dell’Europa? A domande simili i nazionalisti di tutta europa hanno risposto, appunto con il nazionalismo esaperato, vari nazionalismi opposti fra loro, che chiarametne come risultato possono dare tante cose ma non “la concordia dell’europa”, il tutto per la gioia di “non europei” di varie religioni e concezioni anti europee. Chiaramente questa è la risposta sbagliata, i nazionalismi esasperati tendono a diventare opposti fra loro e ad essere un danno per l’Europa. Per dare una risposta che si avvicini ad essere quella giusta si deve prima di tutto definire cosa è l’Europa: l’Europa è una cosa concreta prima di tutto. Concreta in 2 sensi: dal punto di vista biologico e dal punto di vista territoriale. Il punto di vista biologico è importante perché, se si perde la componente biologica “indietro non si può tornare mai più”, il sangue è la cosa principale, il resto viene dopo. Il punto di vista territoriale chiaramente rappresenta “la parte del mondo chiamata Europa” che sappiamo bene qual è. Altro assioma semplice semplice è che la parte del mondo chiamata europa deve essere abitata da “europei biologici”, uno può anche essere europeo territoriale da 5 generazioni ma se non è europeo biologico per me non va assolutamente bene. Tuttavia fare una grande “europa nazione unica” sarebbe una boiata assurda in quanto verrebbe fuori un minestrone culturale che finirebbe per mischiare troppo le carte, portando a risultati incontrollabili(pensate solo a “quale lingua si dovrebbe parlare?”). Dunque, nazionalismi opposti no(e per nazionalismo intendo anche, che so, uno ce dice “la liguria è la mia patria”, cioè non per forza basati su entità politiche esistenti), nazioni gigantesce centralizzate nemmeno. La risposta giusta può essere la giusta via di mezzo: tante nazioni piccole a base culturale ferma restante la parte biologica, senza la quale il tutto salta. Due individui possono essere biologicamente simili e culturalmente diversi, e essi non potranno vivere nella stessa nazione se non si “assimilano culturalmente”. Queste piccole nazioni però non devono affatto cadere nella “trappola degli opposti nazionalismi”, altrimenti il tutto non avrebbe alcun senso chiaramente, dovrebbero collaborare fra loro per il bene comune, conscie di ciò che le unisce profondamente al di là delle piccole o grandi differenze culturali che avrebbero: il lato biologico è ciò che le unirebbe, ed allora anche la “patria metafisica” diventa un qualcosa di concreto, perché il lato biologico è concretissimo. Piccole nazioni unite “metafisicamente” dal lato biologico, differenziate dalle diverse culture da preservare. Per “solidarietà europea” una nazione europea aiuterà un’altra nazione europea in difficoltà aspettandosi altrettanto nel momento che va lei stessa in difficoltà, senza che, come è successo finora, da secoli, una nazione europea approfittasse delle debolezze delle altre per soggiogarle imponendo loro nazionalismi nuovi e culture estranee. Prima si è detto che il lato biologico se si cambia non torna più. Per la cultura il discorso è diverso, ci può essere “una certa assimilazione” sempre fermo restante il lato biologico. Ad esempio: la donna della nazione A sposa l’uomo della nazione B e procreano. Biologicamente non c’è alcun problema, la parte biologica viene portata avanti. Il problema è culturale e allora vale il detto “paese che vai usanza che trovi”. Se l’uomo si sposta nella nazione A è lui che deve “adattarsi alla cultura della nazione A”, cosa che non riuscirà a fare completamente, ma poco male, i figli riusciranno benissimo, visto che nasceranno nella nazione A e cresceranno a contatto con la cultura della nazione A. Moderata assimilazione di culture comunque “parenti” fermo restante il lato biologico. Non ho volutamente parlato finora di “europei biologici non residenti in europa”. Ora dico che “se Europa è madre di tutti, un figlio può anche allontanarsi dalla madre, ma resta suo figlio”. Questo tipo di europei si divide in “degeneri” e “fieri delle proprie origini”. Sui degeneri non ho intenzione di parlare, nel senso, se non son fieri della propria identità che vadano a perderla, dico solo che “da 2 europei biologici ma degeneri può comunque nascere un europeo biologico fiero”. I fieri che vivono fuori dall’europa(può succedere per tante circostanze), nella maggior parte dei casi non hanno possibilità fisica di tornare in Europa. E allora essi istintivamente cercheranno di creare qualcosa di compatibile con la loro fierezza, qualcosa di simile all’europa altrove. Gli europei biologici e territoriali dovranno appoggiare i tentativi degli europei biologici non territoriali di fondare qualcosa di simile all’europa nei posti geografici dove si troveranno, ma appoggiare fisicamente sarà possibile solo in parte per la distanza da una parte e dall’altra.. Però questo discorso non rientra più nel campo delle “piccole patrie in Europa”, chissà se si potrà mai parlare anche di “piccole patrie biologicamente europee fuori dall’europa, dove però per forza di cose si dovranno avere rapporti decenti anche con genti non europee, senza assolutamente assimilarsi a loro in quanto manca il lato biologico, cosa non indifferente.

domenica 20 gennaio 2008

CLANDESTINI GAY: ESPULSI A MENO DI PERSECUZIONE

CLANDESTINI GAY: ESPULSI A MENO DI PERSECUZIONE

Roma – I clandestini gay non vanno espulsi dal nostro Paese alla sola condizione che nella loro terra vi sia “il rischio grave e inaccettabile di persecuzione”. Lo sottolinea la Cassazione, osservando che la semplice “manifestazione esteriore di impudicizia sessuale” non rappresenta “giustificato motivo” per gli immigrati a non ottemperare all’ordine di allontanamento del questore.

In questo modo la Prima sezione penale (sentenza 2907) ha accolto il ricorso della Procura presso la Corte d’Appello di Bologna che si era opposta alla decisione del Tribunale di Modena, giugno 2006, di assolvere un marocchino gay che si era rifiutato di lasciare il nostro Paese sulla base del fatto che in Marocco sarebbe stato perseguitato per le sue tendenze omosessuali.

Per il Tribunale si trattava di “giustificato motivo” per il non avere ottemperato all’ordine di allontanamento. Per la Cassazione, invece, che ha disposto un nuovo processo, il giudice per stabilire se il clandestino omosessuale commetta o meno reato nel non obbedire all’allontanamento imposto dal questore deve valutare “l’esistenza del rischio per grave persecuzione”. Nel nuovo giudizio, dunque, sottolinea ancora la Suprema Corte nella sentenza 2907, il giudice dovrà verificare se “alla stregua della previsione del codice penale” del Marocco “sia penalmente sanzionata proprio l’omosessualità come pratica personale e non soltanto la manifestazione esteriore di impudicizia sessuale”. Nel qual caso, insiste la Cassazione, “non sussisterebbe il rischio grave e inaccettabile di persecuzione” tale da giustificare l’avere disobbedito all’allontanamento imposto dalla Questura.

da La Padania del 19/01/08

STORIA TRISTE D’UN PADANO POVERO, MA NON ABBASTANZA

STORIA TRISTE D’UN PADANO POVERO, MA NON ABBASTANZA

Di Matteo Salvini

Si chiama Stanislao, ha 62 anni, è invalido al 70%, soffre di diabete, ha tanta voglia di lavorare, di fare qualsiasi lavoro e di vivere una vita normale.

Si è separato, è venuto nella grande Milano ma ha diversi difetti: non si droga, non beve, non è mai stato in galera e non è un clandestino. Anzi, ha l’aggravante di essere padano, veneto per l’esattezza, e di aver lavorato per trent’anni fino a quando la sfortuna e le vicende familiari non lo hanno messo in strada. Milano gli ha offerto un letto nel dormitorio di viale Ortles ed in quello di via Saponaro, tra immigrati ubriachi, risse e preservativi. Ma poi l’hanno sbattuto fuori anche da qua, perché non era abbastanza povero e doveva lasciare spazio a qualche clandestino.

L’ho incontrato questo pomeriggio, venerdì 18 gennaio anno del Signore 2008, e ho parlato con una persona ricca di dignità e di voglia di lavorare. Vedremo cosa riusciremo a fare, magari parlando tramite radio e televisione a quei tanti padani che prima di aiutare gente che arriva da lontano vorrebbero magari aiutare chi è nato in casa nostra. Il veneto Stanislao si prepara a rientrare nel dormitorio di via Barzaghi, fra rumeni ubriachi e gente che di lavorare e di tornare a vivere una vita normale proprio non ne ha voglia. Bisogna entrare tutte le sere entro le 21 e sloggiare tutte le mattine entro le 7,30 e durante il giorno passare delle ore a bere, a rubare o, pochini in verità, a cercare un lavoro. “Adesso vado e cercherò di trovare i soldi per il biglietto del tram”, mi ha detto. “Ma cosa te ne frega, viste le tue condizioni e come ti trattano penserai mica di pagare il biglietto del tram”, gli ho risposto. “Ma è un servizio pubblico, è giusto che io lo paghi”, risponde secco. Stanislao esce dal portone del Comune e io mi incazzo come una bestia se penso a tutte le volte che mi sento dire che bisogna aiutare, ospitare, dialogare, integrare… gli altri!

da La Padania del 19/01/08